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Giuliano Ricciardi: la materia prima di tutto
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Qual è il segreto di un prodotto di design vincente?
Non ci sono segreti ma un'attenta analisi esigenziale, tanta creatività e una buona dose di capacità di sintesi sono ingredienti base per un progetto con buone potenzialità di successo. È importante saper valutare le esigenze legate ad uso e/o funzione di un prodotto, rispettare la logica forma/funzione, conferire al prodotto un aspetto degno del proprio estro creativo, ecc., ma la cosa essenziale è mantenere equilibrio fra i vari elementi. Prendiamo come esempio una panchina. La funzione è quella di sedersi per potersi riposare dopo una passeggiata. Potrei limitarmi a disegnare una semplice panchina, ma potrei anche cercare di implementare le sue funzioni. Per fare questo devo stare attento a non stravolgere il prodotto, a non perdere di vista la sua funzione primaria; quindi, non aggiungerò una rastrelliera per le bici, piuttosto farò in modo di ricavarne una dalla struttura stessa e se volessi identificare la mia panchina in condizioni di scarsa visibilità, non ci monterò un lampione sopra, ma sceglierò valorizzarne le forme con dei corpi illuminanti LED che magari ricalcano il profilo.

Quanto è importante, nel mondo del design, l’impronta artigianale?
Nel mio caso l'impronta artigianale ha la sua importanza che va ricercata nelle origini della mia vita professionale. Dopo il diploma infatti ho svolto una serie di lavori finché sono approdato a un piccolo laboratorio di falegnameria dove ho lavorato per 5 anni. Devo moltissimo a questa esperienza perché mi ha permesso di toccare con mano la materia prima, di vedere realmente come una tavola di legno grezzo diventa un oggetto d'arredo, di capire che disegnando bisogna immedesimarsi in chi realizzerà l'oggetto, che i materiali non vanno scelti solo per l’effetto che danno ma in funzione di del compito che devono svolgere, ecc. Ogni volta che ho scelto di sperimentare un nuovo materiale, ho sempre chiesto consigli e seguito il lavoro di chi quel materiale professionalmente lo conosce meglio di me, perché cambiano tanti fattori come tempi, costi, tecniche di lavorazione, ecc.

Quanto conta, dall’altro lato, la tecnologia?
La tecnologia e il design sono sempre andati a braccetto, o meglio il design è sempre stato alimentato dalla tecnologia. È grazie allo sviluppo tecnologico che c’è stato che si può parlare oggi di industrial design. La scoperta e lo studio di nuovi materiali, l'evoluzione delle vecchie tecnologie e la scoperta delle nuove sono fattori essenziali. Le nuove tecnologie devono avere come scopo quello di agevolare il lavoro dell’essere umano non di sostituirlo in tutto, la mano dell'uomo e la sua esperienza faranno sempre la differenza.

Come definiresti la filosofia di d-Lab?
Ho fondato il d-Lab studio nel 2009 appena laureato. L’idea è sempre stata quella di sviluppare concept di prodotto, ma prima di arrivare a fare quello che volevo è stato necessario interessarsi anche ad altro, dalla semplice modellazione 3d ai progetti di interior design, dalla comunicazione alla fotografia.
Solo nel 2013, dopo essermi classificato secondo al contest on line “tra le briccole di Venezia” indetto da Riva 1920, sono stato notato dall’Arch. Claudia Pignatale che ha ospitato il mio Tavolo Chiglia alla sua istallazione durante la Design Week 2013 al fianco di altri nomi importanti come Sam Baron, Nigel Coates, Zaven, ma solo dopo la pubblicazione su AD n°387 del Tavolo Chiglia ho ottenuto maggiore visibilità.
Le esperienze maturate hanno arricchito le mie competenze rendendomi capace di seguire lo sviluppo di un prodotto dall’idea alla sua prototipazione, ma in questo modo i tempi si allungano e quindi diventa indispensabile avvalersi di collaboratori esterni. Attualmente condivido le mie esperienze con un collega dell’università, Gianpiero Donno. Io mi occupo di design del prodotto d'arredo, lui di comunicazione, ma per formazione abbiamo entrambi le basi per collaborare non solo in modo complementare, ma anche, e soprattutto aggiungerei, confrontando le intuizioni e idee progettuali.
La tendenza è quella di sviluppare idee da sottoporre a tutte le aziende che riteniamo interessate: questo ci rende più liberi, ma capita (per fortuna) anche di essere contattati da clienti che ci sottopongono idee a cui noi rispondiamo con proposte concrete dopo aver valutato le potenzialità aziendali. In entrambi i casi troviamo indispensabile avere un rapporto diretto con il nostro interlocutore, recandoci dall'artigiano per valutare l'avanzamento dei lavori, per esempio, o andare in azienda per interfacciarci con il personale della stessa.
Non dimentichiamoci che la figura del designer nasce come legante tra imprenditoria e mano d'opera.

Progetti in corso?
Abbiamo alcune collaborazioni in corso e speriamo che abbiano seguito quanto prima.
Un importante cliente ci ha chiesto una custom edition del Tavolo Chiglia e grazie alla pubblicazione su On Diseno n°346 di Goccia e su AD Italia n°401 di Ypsilon ci sono pervenute diverse richieste alle quali stiamo rispondendo attivandoci per avviare una piccola produzione.
Dopo la prima esperienza presso il Cactus Hub di Taranto con un mini corso di design in 4 lezioni tenuto da me con titolo “si fa presto a dire Moka” le cui tematiche affrontano il tema design dall’idea all’autoproduzione, anche alcune associazioni e scuole si sono mostrate interessate agli argomenti trattati invitandomi a organizzare dei corsi più dettagliati da tenere presso le loro sedi.

Quali sono i tuoi materiali preferiti e perché?
Avendo lavorato come falegname, subito dopo il diploma, il primo materiale con il quale mi sono cimentato è stato il legno, ma nel tempo mi sono avvicinato alla ceramica e ai polimeri.
Il legno ha il suo fascino materico, le sue venature e i suoi toni di colore variano da una specie legnosa all’altra, si presta a una molteplicità di utilizzi, trasmette calore, è sempre vivo e con un’adeguata preparazione, tanta esperienza e la giusta attrezzatura ci permette di fare miracoli.
Per la ceramica è diverso, mi affascina la sua plasticità; mi piace che da una massa informe si possa arrivare ad un prodotto pronto ad accogliere o meno una decorazione. L’argilla resta sempre viva finché trattiene l’acqua e si solidifica solo dopo la cottura in forno. Questo permette una lavorazione a più riprese che cadenzano la realizzazione del manufatto permettendo correzioni in corso d’opera o modifiche progettuali.
I polimeri invece si allontanano in maniera netta dalla produzione artigianale tradizionale rientrando totalmente nell’ambito della produzione industriale. Mentre con i materiali accennati sopra si può sperimentare liberamente perché lavorati in modo artigianale, la produzione di un prodotto in plastica è conseguenza dell’attenta progettazione dello stampo utile ad ottenere proprio il prodotto.

Chi sono i tuoi designer di riferimento?
Thomas Gerrit Rietveld perché, come me, nasce e cresce in un laboratorio di falegnameria e perché a mio avviso è statao stimolato dalla materia: il neoplasticismo ha dato la forma a quella materia.
Carlo Mollino, grande architetto, designer, fotografo e molto altro, per la sua poliedricità. Di lui mi piace la determinazione con cui lasciava un'impronta frutto di una mente bizzarra, inquieta, fantasiosa. Un genio sperimentatore, che amava fondere l'artigianato con le nuove tecnologie, dedito a un design elitario, di alto livello, infatti abbiamo di lui solo pezzi unici e serie limitate.
Franco Albini perché, a differenza di pochi, era solito ritornare sui suoi progetti e lo faceva con una certa cadenza, spesso perché la tecnologia stessa gli permetteva di "migliorare" un'idea che magari di per sé era già buona. Particolarmente attento nei dettagli, Albini é uno dei pochi Architetti/Designer in cui meglio si incarna lo slogan "dal cucchiaio alla città" (Ernesto Rogers - Carta di Atene - 1952), una persona capace di lavorare senza problemi sul prodotto industriale, su un architettura o su un paesaggio urbano.

Se dico design, tu dici…?
Dico avere apertura mentale, ragionare oltre gli schemi, azzardare andando oltre tutto ciò che è omologato anche quando sembra troppo, credere nelle proprie idee ma di cercare sempre il confronto; le conferme arrivano dal mercato e quindi dai consumatori, tutti gli altri attori di questo bellissimo mondo possono solo fare previsioni.
"Se esiste già, non hai inventato nulla, ma nessuno ti impedisce di fare la differenza lasciando un'impronta", è una mia citazione, ma anche qui non sto inventando nulla che si sappia già.

INFO: www.dlabstudio.it

PHOTO COURTESY: Giuliano Ricciardi


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