Il grande successo commerciale che ha caratterizzato il recupero dell’area Ex Richard Ginori, dove la moda e i creativi in generale hanno trovato il luogo ideale per creare showroom e atelier, ha rapidamente saturato i 60mila metri quadrati della cittadella, creando la necessità di trovare nuove aree di sviluppo.
La sfida era realizzare degli spazi che potessero raccontare e rappresentare l’unicità dei loro utilizzatori, richiesta che caratterizza un po’ tutto il mondo dei creativi e del design.
Come sempre negli interventi di Giuseppe Tortato, la filosofia progettuale è offrire spazi gradevoli e vivibili, racchiusi in architetture raffinate.
I materiali utilizzati sono vetro, cemento, acciaio e legno, ma elaborati in forme sempre differenti. Il resto è affidato alla luce del sole portata democraticamente a tutti, con piccoli e grandi patii su cui si affacciano le alte vetrate. Concetti semplici che non escludono la ricerca e la sperimentazione, come puntualmente accade sul lungo fronte di via Morimondo.
La richiesta da parte del Comune di mantenere le geometrie e lo skyline della vecchia fabbrica, hanno creato la necessità di reinventare i 150 metri lineari del fronte che si affaccia sulla via.
L’intuizione è stata quella di valorizzare un edificio del primo novecento in mattoni a vista che sarà totalmente restaurato, trasformandolo nel fulcro attorno al quale si sviluppano le due ali del nuovo intervento. Le due ali, separate come detto dall’edifico in mattoni, sono caratterizzate da un approccio antitetico tra loro rispetto alla strada: nella prima si è privilegiato l'affaccio arioso su via Morimondo e sulla Richard Ginori, con ampi portali in acciaio bianco vetrati; nell'altra si è scelto invece un linguaggio più intimo, che durante il giorno sviluppa maggiormente il rapporto con le corti interne, mentre di notte si trasforma in una lanterna, un Landmark che caratterizza la via.
Quest’ultimo fronte, in particolare, ha una storia progettuale a sé stante legata alle caratteristiche del fronte originario caratterizzato da alti muri in cemento armato prefabbricato, che il Comune richiedeva di conservare nel loro aspetto ma anche nella loro mediocrità. “Con queste premesse c’era il serio pericolo di compromettere l’esito architettonico dell’intero progetto e quindi abbiamo deciso di creare qualcosa di speciale”, spiega Tortato. Gli alti muri sono rimasti, ma dopo “la cura” si presentano come una sorta di codice a barre in calcestruzzo con toni variabili di grigio, caratterizzati dall’inclusione di cubi di vetro pieno passante di dimensioni differenti, progettati in collaborazione con la ditta Seves, leader della produzione di vetrocemento, che ha collaborato con i più noti architetti internazionali nello sviluppo di pezzi speciali su misura.